Dirigente di partito, consigliere provinciale e comunale di Asti

Mauro Ardissone
Graziella Boat
Marianna Comunale

Il giorno che mi ha fatto sentire piccolo...

Gianpiero Vigna

Nell’estate 1971, in rappresentanza del PSDI, diventai consigliere comunale di Asti nell’ultima giunta Marchia (DC-PSDI-PSI-PRI) in qualità di vicesindaco con delega alla polizia urbana-annona-commercio-trasporti e nettezza urbana e la mia prima iniziativa fu la disdetta sia del contratto di appalto relativo alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani sia di quello relativo al trasporto pubblico urbano.
Nel primo consiglio comunale di Settembre, orgoglioso di quanto realizzato vincendo molte resistenze e pareri contrari (gestione diretta come primo passo verso una modifica radicale del servizio che all’epoca era lontanissimo dagli standard minimi di igiene e sicurezza) in attuazione di uno dei punti più qualificanti del nostro programma elettorale (in realtà obbiettivo comune anche ad altre forze politiche), illustrai la pratica con legittima soddisfazione anche per essere riuscito a garantire la continuità della raccolta rifiuti nonostante la vetustà dei mezzi fino ad allora utilizzati e le difficoltà della transizione dal privato al pubblico. Peraltro, privo di esperienza politica, mi lasciai trascinare dall’entusiasmo e, rivolto al gruppo consigliare PCI, esclamai: “Voi avete fatto della gestione diretta del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti una vostra bandiera ma siamo stati noi socialdemocratici a realizzarla!”
Non l’avessi mai detto …
Si alzò dal gruppo consigliare PCI un signore alto, magro e, nel silenzio generale, mi squadrò con occhio severo per un interminabile minuto ed infine sbottò: “Ma da dove viene questo qui? Ma chi si crede di essere?”
Arrossendo sprofondai muto nel mio seggio facendomi piccolo piccolo e desiderando in quel momento soltanto di scomparire…
Tale fu il mio primo incontro/scontro con Bruno Ferraris.
Allievo alla scuola di tipografia salesiana di Torino (quarto a sinistra della terza fila dall'alto)
Il clima politico mutò radicalmente con le elezioni amministrative del 1975 vuoi per le divisioni profonde in seno alla DC vuoi per l’inaccettabile diktat in ordine alla scelta dell’ubicazione del nuovo erigendo ospedale (“se vi piace è così, se non vi piace è così lo stesso”) vuoi, infine, per la ferma posizione assunta dai tre consiglieri della sinistra PSI indisponibili ad ogni collaborazione con la DC.
Fra mille contrasti e confronti, e parallelamente alla nascita a Torino della giunta regionale di Aldo Viglione (PSI) in cui Bruno Ferraris, per le sue specifiche competenze, venne chiamato a ricoprire l’incarico di assessore all’agricoltura, anche ad Asti vide la luce la giunta rossa (PCI-PSI-PSDI) con appoggio esterno del PRI. Ricordo le lunghe e spossanti discussioni che precedettero l’evento (6/08/75) dapprima per la scelta politica di partecipare ad una nuova e diversa maggioranza che proponeva il sottoscritto come sindaco e, successivamente, per la definizione del programma e l’individuazione degli obbiettivi da raggiungere durante la tornata amministrativa 1975/1980.
Le riunioni avvenivano nel mio studio di avvocato di fronte alla locale sede della Banca d’Italia e, pur impegnato sul piano regionale (e cioè a più alto ed importante livello) nei primi incontri anche Bruno Ferraris era talora della partita insieme al segretario del PCI Binelli, al rappresentante del PSI e presidente dello IACP Fasolis, lasciandomi come ricordo l’incubo di questi tre ossessionanti fumatori che rendevano l’aria del pur ampio studio irrespirabile e talmente densa che dopo qualche ora quasi non ci vedevamo più in faccia costringendo noi non fumatori (Giancarlo Canestri del PSI, Angelo Marchisio segretario del PSDI, Germano Cantarelli del PRI ed il sottoscritto) a spalancare le finestre per aerare e dare luce all’ambiente.
Fu quello un periodo di forte collaborazione del nostro Comune con la regione Piemonte e Bruno Ferraris fu prodigo di consigli pratici al fine di rendere più proficua e più produttiva la nostra azione. Poi le vicende politiche e personali ci portarono in direzioni diverse e ci perdemmo un po’ di vista.
Ci ritrovammo nuovamente nel 1995 in tutt’altro ambiente allorchè dalla Fondazione CRASTI io fui eletto Presidente della CR ASTI spa e Bruno Ferraris consigliere dello stesso istituto di credito. In quel periodo riprendemmo ad incontrarci ed ebbi modo di constatare che non erano per niente cambiati la sua serietà ed il suo metodo di lavoro: prima di ogni seduta del consiglio di amministrazione, unico, costantemente esaminava e studiava le pratiche, una per una, e quando necessario chiedeva lumi agli uffici competenti. Avemmo allora l’occasione di approfondire la reciproca conoscenza e fu così che, appreso che ero stato in collegio dai salesiani a Torino (prima per le medie al Richelmy, in zona Martinetto, dove avevo avuto compagno di classe Umberto Voltolina, il futuro cognato del presidente Pertini, e poi per il ginnasio e liceo a Valsalice), mi raccontò come avesse maturato la sua fede politica, il prezzo altissimo che aveva dovuto pagare in pratica disconosciuto dalla famiglia che aveva importanti legami di parentela con gli industriali Beneck (Bruno e Daniela Beneck, se non erro, furono campioni italiani di nuoto negli anni ’50).
La solitudine lo aveva costretto talora a trovare rifugio e ricovero nella sede del PCI e, a quell’epoca, l’unico a non voltargli le spalle e ad aiutarlo era stato un suo congiunto, don Giuliano, sacerdote salesiano che al Richelmy svolgeva le funzioni di economo e che io ben conoscevo in quanto era proprio a lui che mio papà pagava la retta per mantenermi in collegio.
La coerenza e disponibilità effettiva al sacrificio in nome della fedeltà ad una idea è quanto più mi ha impressionato in Bruno Ferraris ed è questo il ricordo che con rispetto conservo di lui.

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