Poi Bruno ci stupiva quando ci raccontava delle vicende con Ciselda, come quella volta a luglio, vestito di grigio scuro, camicia bianca e cravatta, scarpe di cuoio nere, quando partì dal paese di Celle Macra, in val Maira, con un signore che aveva da raccontare le vicende partigiane della zona. Parla tu che parlo io, arrivarono al colle del Mulo a 2500 metri dopo ore di cammino, e dopo altrettante ore ritornarono a Celle Macra: Bruno era imbiancato dalla polvere della mulattiera percorsa, la cravatta che pendeva da una tasca, la camicia aperta, non parliamo delle scarpe e lui stravolto dal caldo. Quando Ciselda lo vide lo sgridò per una settimana, e poi ancora… Che risate ci facemmo!!
Loro due amavano molto la montagna, da giovani l’avevano frequentata con il campeggio, poi più avanti con gli anni presero due stanze a Celle Macra.
Sempre durante i pranzi del sabato Bruno ci raccontava come normalmente passava le notti: a scrivere. Se si escludono le trasmissioni televisive in cui si parlava di politica e qualche raro film che trattava argomenti a sfondo sociale o un po’ rivoluzionari, la televisione rimaneva spenta e lui scriveva decine di pagine a notte: articoli o interventi che doveva tenere, prima come assessore all’agricoltura e poi, finiti i due mandati, per commemorazioni di partigiani, inaugurazioni o per discorsi legati a ricorrenze in festività particolari. Il suo intervento era spesso richiesto.
In quelle nottate, che terminavano alle due, tre del mattino, andavano in fumo decine di sigarette e l’aspetto visivo di questo insalubre rito era evidente sui dorsi dei libri della sua libreria che diventavano sempre più color nocciola. Quello che non si vedeva, purtroppo, lo vedemmo in seguito.
Un giorno una telefonata ci avvisò che Bruno aveva avuto un episodio acuto di prostatite e si era fatto convincere a essere operato; ultimamente aveva avuto diversi problemi.
Quando arrivarono i primi esami di laboratorio, i classici che si fanno a una persona prima di un intervento chirurgico, capimmo subito che il problema della prostata era quello più piccolo. Di li a due, tre giorni le prime metastasi, che avevano già colonizzato i polmoni, arrivarono al cervello e nel giro di cinque, sei giorni Bruno perse gradualmente le attività cognitive e se ne andò senza dare disturbo a nessuno. Ciò avvenne talmente in fretta che pochissimi dei tanti di Asti che lo conoscevano riuscirono ad avere notizie di quello che stava succedendo. Tra questi ricordo l’incontro che ci fu un pomeriggio con Ivana Bione, storica segretaria del partito, e l’avv. Aldo Mirate, con cui Bruno era legato da vecchie battaglie politiche. Quel giorno, non lo potrò dimenticare, ebbi la conferma che la famiglia di Bruno era una famiglia molto grande, molto più di quello che dice l’elenco dei parenti.
L’ultima notte, grazie ai farmaci, non dovette soffrire mentre si apprestava a concludere il suo percorso; eravamo presenti io e mia cugina Franca, la più grande dei suoi nipoti, che lo ha seguito da vicino negli ultimi anni in cui non c’era più Ciselda.
Tante volte Bruno ci disse di volere scrivere un libro sulla sua storia e altrettante volte glielo abbiamo ricordato; purtroppo non si è reso conto, e nemmeno noi che gli eravamo vicino, che il tempo in un battibaleno gli è sfuggito di mano.
Sarebbe stata una bella storia a ricordarci chi è stato Bruno, ma chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente se lo porterà nel cuore e non lo dimenticherà; è a persone come lui che dobbiamo eterna gratitudine se abbiamo vissuto fino ad ora in un paese libero.